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I Massive Attack allo zenith. I Massive Attack all’apice di una coesione sonora concertistica che non avevano ancora trovato, che si sappia. Conosco diverse persone che hanno abbandonato i loro concerti dopo quelli degli anni ’90, pieni zeppi di basi, con la Frazer che canna gli attacchi e scappa via in lacrime (è successo, al Vox di Nonantola nel maggio 1998) e, a detta loro, di freddezza live onnipresente. Personalmente all’Arena di Verona nel 2003 mi sembrarono una via di mezzo, molto attenti al contorno (video alle spalle) e con la fissa della precisione di ciò che è già inciso e viene replicato, ma con una tensione latente a rendere unico ogni concerto.
A Milano invece, alla fine dell’ennesimo decennio, la band di 3D e Daddy G è una band che suona a tutto campo, con perfino due batterie e una chitarra che, pur non sembrando tale come timbrica, è addensata al punto giunto nel sound mistico dei bristoliani. In una situazione tale di incertezza, con l’uscita dell’album nuovo (che da tanto si vocifera si debba intitolare “Weather Underground”) perennemente rimandata all’anno a venire da almeno un quinquennio, è già un buon punto fermo.
Circa la qualità del nuovo materiale, l’impressione è stata che l’ep “Splitting The Atom”, uscito agli inizi di ottobre, non rappresenti lo spessore onirico, visionario e monomaniacale dei M.A. sentiti al Palasharp. Ad eccezione di “Psyche”, suonata con dei picchi immensi e con la voce dell’attuale musa massiva Martina Topley-Bird sul sottile crinale tra l’essere delicata e tagliente, “Bulletproof Love” (il primo pezzo della scaletta dopo un intro solo di batteria) e “Splitting The Atom” sono parse un po’ raggomitolate su loro stesse, come se fossero degli scarti usciti in ep perché nel 5° lp non si sarebbero amalgamate bene.
Indescrivibilmente meglio quella che le cronache internaute denominano come “Marakesh”, anche se con questo titolo si ritrova un’altra canzone molto diversa suonata nel tour del 2008 (youtube). Per intenderci, noi ci riferiamo a questa:
“Marakesh” 2009-version è un apoteosi di psichedelia paranoide, con un epico riff di organo seventies alla Simonetti che si stampa nella mente e non ne esce più. Esaltante. Speriamo sia la versione ultimativa (anche se quella di Milano –youtube– è stata differente da quella di Mosca, ad attestare che è una canzone con arrangiamento in divenire).
Sulla stessa riga claustofobica anche “Heartcliff Star”, con un giro di basso che ha fatto rimembrare i Two Lone Swordsmen, e “16 Seeter”, durante la quale è salito per la prima volta sul palco l’immenso Horace Andy (applauditissimo come al solito) la cui voce ha accompagnato i numeri crescenti che apparivano sui led alle spalle dei musicisti e che informavano dei prezzi più impossibili, dai jet al collare da cane più costoso, dal patrimonio personale di Roman Abramovich fino a arrivare all’ammontare del crack della Lehman Brothers, numeri disorientanti come l’ossessivo incedere degli attacchi massivi.
“Babel” (cantata dalla Topley-Bird) è invece una canzone più movimentata, verrebbe da dire quasi jungle, pur rimanendo connotata dal definito basso metallico che onnipresente si staglia in più tracks, mentre l’ulteriore nuova “Red Light” pare una “Teardrop” del futuro. “Teardrop” che non si è fatta attendere molto, suonata in una variante “giapponese” che ne ha aumentato, sembrerebbe impossibile, la bellezza.
Non si creda infatti che in tutto questo baillame di canzoni nuove ci sia perso appunto l’inestimabile valore dei classici dei M.A., su tutti una “Angel” che ha spaccato lo stomaco e l’anima: è la carriera stessa del gruppo di Bristol che si rimaterializza quando vengono suonati del classici come “Safe From Harm” o “Unfinished Sympathy” (con Deborah Miller alla voce) che a dirla tutta paiono datati e superati dal nuovo corso ma che mantengono il sapore della prima innocenza soul dei Massive.
“Gli innocenti non hanno niente da temere”, appunto: è sarcastica la scritta che appare sui led alla fine di “Inertia Creeps”, e che ovviamente è riferita a Berlusconi e alle 10 domande. I M.A. si dimostrano ben immersi in questo tempo che prima abbiamo definito disorientante e particolarmente attenti all’attualità, soprattutto italiana (si sanno delle origini napoletane di 3d, ben sottolineate nel nostro report live del Neapolis 2008): solo il “Forza Napoli” pronunciato proprio prima di scomparire per l’ultima volta dal palco stempera la seriosità e l’importanza dei temi affrontati, con piccoli flash ma in maniera incisiva, nei messaggi che scorrevano alle loro spalle.
Su tutti, ed il modo più bello per ricordare il lato di impegno sociale del concerto di Milano, una frase che appare in caratteri cubitali a metà di “Inertia Creeps”: “STEFANO CUCCHI VERITA’ E GIUSTIZIA”.
Tutto il Palasharp applaude convinto e commosso.
(Paolo Bardelli)
01 – Intro
02 – Bulletproof Love (strumentale)
03 – Heartcliff Star
04 – Babel
05 – 16 Seeter
06 – Risingson
07 – Red Light
08 – Future Proof
09 – Teardrop
10 – Psyche
11 – Angel
12 – Safe From Harm
13 – Inertia Creeps
encore break
14 – Splitting The Atom
15 – Unfinished Sympathy
16 – Marakesh
encore break
17 – Karmacoma