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Stefano Rampoldi continua ad esserci ed è un’altra ode alla vita, costellata di epifaniche quasi-utopie, un po’ come sogni infranti nel momento dell’orgasmo. Ogni nota risuona della purezza di ogni disco post Ritmo Tribale, graziosamente sporcate da sanissima voglia di sesso e castità indefinita di indefinita natura di genere.
Alla produzione la band ormai stabile appellata Furore Uterino, ovvero Luca Bossi e Fabio Capalbo. Scaletta ridotta rispetto a “Stavolta Come Mi Ammazzerai?” e meno furia punk-rock. Lì dove si imponeva un flusso inarrestabile, e quasi ininterrotto, di verace veemenza elettrica, “Graziosa Utopia” è meno di impatto, naviga in acque lievemente agitate e si lascia trascinare da una corrente serena e dolce, consapevole che una qualche tempesta sia comunque in arrivo. L’amore sembra trionfare (“Zigulì”), mentre nell’ombra si celano i soliti pericoli dovuti all’essere umani, molto spesso troppo. I pezzi sono caratterizzati da un’alternanza di sfuriate indie-rock segnate da sonorità lievemente legate ai synth dominanti di quest’era e dolci ninna nanne a quanto dentro di noi ostacola il migioramento di se stessi. Siamo tutti graziosi mostri: donne, uomini, tutto e il contrario di tutto allo stesso momento.
Un po’ di “mestiere” affiora (ma che mestiere!), ed è fisiologico, nulla che vieti a pezzacci come “Benedicimi” o “Picchiami” di straziare dolcemente le carni di chi ascolta. Ospiti Federico Dragona in “Spaziale” e Giovanni Truppi in “Arrivederci A Roma”, “Graziosa Utopia” è una ricerca di piccole fantastiche cose per vivere meglio: fallace, impuro, come ogni buon viaggio è doveroso che sia.
76/100
Giampaolo Cristofaro