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Non è sempre possibile fare i cazzoni e risultare simpatici: ci sono situazioni in cui un certo contegno è necessario, volenti o nolenti. Il lato più riuscito di “Whiteout Conditions”, ennesimo disco (il settimo) dei canadesi, è proprio quello: non rinunciare alla propria indole spensierata nonostante gli anni passino, ed ottenere il medesimo risultato in termini di divertimento (loro e degli ascoltatori) e credibilità.
Carl Newman ha definito questo “Whiteout Conditions” come “bubblegum krautrock”, e questa caratterizzazione pare essere esatta a metà: il lato elettronico dell’album non è così sviluppato come necessiterebbe l’utilizzo del termine “krautrock” (solo un po’ di arpeggiatori) ma i due termini così come associati trasmettono la sensazione di una contraddizione in termini che il disco riesce invece a far dialogare: il krautrock è serioso, impassibile, non sorride, mentre il “bubblegum”-pop… beh, non c’è bisogno di spiegarlo, e qui ci sono entrambi gli aspetti. “Whiteout Conditions” è un disco pop fatto da cinquantenni (Newman li compie il prossimo anno) e non si crede facile mantenere intatta la leggerezza lasciando trasparire la maggiore esperienza. Tutto qui si tiene, invece.
I bpm sono sempre lanciati verso i 160, come nella bellissima “Clockwise” o nel pezzo d’apertura “Play Money”: casse sparate all’impazzata, cori alla B-52s in massimo spolvero, ed armonie catchy da gancio nel cervello. Sono sempre loro, insomma, i New Pornographers, e per un secondo fa un po’ specie fare – nel 2017 – un tale salto indietro nell’indie-pop degli Anni Zero.
Ma, con più attenzione, ci si ricorda che il pop non invecchia mai, e anche “Whiteout Conditions” può essere inquadrato, in quest’ottica, solo come un altro, riuscito, passo in avanti nel brillante percorso pop della band canadese.
73/100
(Paolo Bardelli)