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Nei primi anni 2000 Rosa Walton e Jenny Hollingworth erano solamente due bimbe che stavano facendo amicizia in una scuola materna di Norwich tra disegni, giochi e pastelli colorati. Non sapevano che – qualche anno dopo – un po’ di quel sincero impulso creativo sarebbe confluito in un interessante progetto musicale: Let’s Eat Grandma.
Il duo pop-sperimentale a 16 anni ha esordito con “I, Gemini”, un lavoro surreale e accattivante, ma oggi – raggiunta la maturità anagrafica – Rosa e Jenny tornano con “I’m All Ears”. La caleidoscopica copertina sembra quasi voler suggerire all’ascoltatore l’essenza del nuovo album: un’esperienza musicale variegata, a tratti spiazzante, ma anche estremamente suggestiva e immersiva.
Nulla di rivoluzionario, sia chiaro, ma le due giovani cantanti sanno cosa dire e – soprattutto – come dirlo.
Ogni traccia – tralasciando la parte finale dell’album, un po’ sterile ed eccessivamente diluita – ha una propria solida identità, saputa costruire grazie anche all’importante contributo in fase di produzione di David Wrench, SOPHIE e Faris Badwan (voce dei The Horrors), capaci di collaborare anche nella scrittura del brano più rappresentativo dell’intero album: Hot Pink, l’ammaliante incontro tra un beat R’n’B e un gioioso synth finale in grado di raccontare quella possessività malata insita in alcune relazioni.
Il breve e martellante intro Whitewater sembra volerci condurre in punta di piedi ad Hawkins alla ricerca del sottosopra, mentre It’s not just me, Falling into me e Snakes & Ladders rappresentano al meglio quel synth-pop incisivo e sognante, fatto di tastiere delicate e chitarre eteree ad accompagnare le suadenti voci di Jenny e Rosa.
Tra due brevi (e superflui) intermezzi troviamo invece I will be waiting, dolce e incalzante ballad che tanto sarebbe piaciuta a John Hughes: il ritornello “I will be waiting for you and for the first time, it’s just the first time” è il sottofondo perfetto di una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola che – al chiaro di luna – ricordano i bei tempi andati, gli amanti perduti e i cuori spezzati.
Tuttavia, la parte finale – come anticipato in precedenza – appesantisce eccessivamente l’ascolto: la base dance di Donnie Darko coinvolge, ma finisce per perdersi in vani ed ingenui virtuosismi. Peccato.
“I’m All Ears” presenta sicuramente luci (molte) e ombre (poche), intrattiene, intriga e a tratti emoziona: le Let’s Eat Grandma crescono e maturano anche artisticamente.
Siamo certi che la nonna – nonostante tutto – ne sia rimasta felicemente sorpresa.
72/100