Share This Article
Le nostre cover del mese indicano più di tutte dove sta andando Kalporz, ovvero da che parte Kalporz ritiene che si debbano “parcheggiare le nostre orecchie”. Abbiamo pensato dunque che riepilogare tutte le nostre copertine dell’anno in un solo articolo sarebbe stato utile – nel tempo degli Awards di fine anno – per scorrere gli artisti che, mese per mese, abbiamo ritenuto più focali.
Cover Gennaio 2018: Tune-Yards
“Il mondo è un vero casino, ma ho cercato di guardare sempre più dentro di me: in che modo tutti questi “ismi” che ci circondano si manifestano in me, nelle mie attività quotidiane e nelle mie interazioni?”
È questo il tema di “I Can Feel You Creep In My Private Life”, attesissimo quarto album in studio di Merrill Garbus, eccentrica vocalist e polistrumentista ai più nota come Tune-Yards. “Bird-Brains”, “Whokill” e “Nikki Nack” hanno consacrato tUnE-yArDs (com’era scritto fino a qualche anno fa) come uno dei progetti più originali e rappresentativi della scena di New York del nuovo secolo con epicentro a Brooklyn. Contaminazioni afro-beat, folk psichedelico, scombinate deviazioni lo-fi molto freak e la voce inconfondibile di Merrill, oggi titolare del progetto insieme al polistrumentista e storico collaboratore Nate Brenner aka Naytronix.
Sono due le tracce che per ora hanno anticipato il disco che sarà pubblicato il 19 gennaio su 4AD, “Look At Your Hands” e “ABC 123” (che vi abbiamo commentato in questa news). All’album, registrato in California al Tiny Telephone Oakland, hanno collaborato Mikaelin “Blue” Bluespruce (Solange, Kendrick Lamar) al mixaggio e Dave Kutch (Jay-Z, Chance the Rapper) al master.
Cover Febbraio 2018: Ought
Il loro secondo album “Sun Coming Down” li ha definitivamente consacrati come una band da cui aspettarsi molto. Gli Ought escono in questo febbraio con il loro terzo album, “Room Inside the World”, e con una grossa novità: il passaggio su Merge Records dopo due dischi per Constellation.
La band di Tim Darcy, Tim Keen, Matt May e Ben Stidworthy hanno registrato il nuovo album presso il Rare Book Room di Brooklyn con il produttore Nicolas Vernhes (Deerhunter e Animal Collective), ed ascoltando i primi due estratti il suono si è – se possibile – ancor più newyorkesizzato: “Disgraced in America“ potrebbe essere un outtake dei National, mentre in “These 3 Things” fanno capolino synth e drum machine con un suono più levigato, per andare oltre al post-punk a cui ci hanno abituato in passato.
Cover Marzo 2018: Superorganism
In Italia il loro hype è stato trattato con troppa distrazione, ma nel 2017, grazie a singoli quali “Something For Your M.I.N.D.” (finita di recente nella soundtrack del videogioco Fifa ’18), “It’s All Good” e “Nobody Cares” hanno conquistato tra gli altri Frank Ocean ed Ezra Koenig dei Vampire Weekend, due dei loro grandi estimatori. Conquisteranno anche voi, se siete dei consumatori inguaribili di quel sound weird-pop che riporta alla mente The Fiery Furnaces, Of Montreal, certi momenti di Dirty Projectors e The Go! Team, l’indie pop svedese più stridente e chiassoso degli anni Zero, e ovviamente l’eccentrico connubio tra R&B ed elettronica tipico di The Avalanches e Gorillaz.
I Superorganism sono in otto: Orono Noguchi aka “OJ”, Christopher Young, Mark David Turner, Timothy “Tim” Shann”, Blair Everson, Ruby, B e Soul. Vengono da Giappone, Inghilterra, Stati Uniti e Nuova Zelanda, ma si sono trasferiti in pianta stabile in una residenza-studio a Homerton, East London.
L’LP omonimo di debutto dei Superorganism, anticipato da altri due singoli strambi ma irresistibili (“Everybody Wants to Be Famous” e “Reflections on the Screen”), esce il 2 marzo su Domino e si preannuncia davvero come uno degli album più chiacchierati della stagione, e forse dell’anno.
Il 9 giugno saranno tra i protagonisti del primo Radar Festival milanese e da un po’ finiscono nelle nostre playlist mensili e ora avete un album di 33 minuti per recuperare tutto.
Non dite che non ve l’avevamo detto.
Cover Aprile 2018: Janelle Monáe
Sono già passati cinque anni da “The Electric Lady”, album della consacrazione della talentosa e poliedrica Janelle Monáe, artista adottata da Atlanta e lanciata da Big Boi degli Outkast ormai un decennio fa, che l’ha portata su territori più pop e d’alta classifica, dopo il fulminante “The ArchAndroid” del 2010 che su queste pagine abbiamo definito l’album che insieme a “My Beautiful Dark Twisted Fantasy” di Kanye West che ha cambiato definitivamente la percezione della black music a cavallo del decennio (soprattutto agli occhi di un pubblico largo non sempre interno alle logiche del soul e dell’hip-hop).
In questo tempo Janelle Monáe non è stata ovviamente ferma. Ha prestato la sua voce a brani di Grimes, Pharrell Williams, The Internet. Saul Williams, Paolo Nutini, Jidenna, cantando in un brano nella serie tv di culto “The Get Down”. Come se non bastasse il suo talento di vocalist, ballerina e performer con pochi uguali oggi (il suo strepitoso show al Way Out West del 2014 ci è rimasto ben impresso in testa anche a distanza di anni), minuta icona black nata a Kansas City, ha esordito come attrice nel celebratissimo “Moonlight”.
E poi finalmente, a inizio anno, sono arrivati i primi estratti “Make Me Feel” e “Django Jane” da “Dirty Computer”, prodotto dal duo svedese Mattmann & Robin e che uscirà il 27 aprile su Wondaland Arts Society, Bad Boy Records ed Epic Records.
Uscite insieme, il 23 febbraio, hanno subito fatto impennare l’hype sull’album. La prima risente, con successo, dell’eredità di Prince che ha anche collaborato alle registrazioni prima di morire prematuramente nell’aprile del 2016 e mette ancora una volta in mostra le potenzialità di portavoce del mondo LGBTQ di Janelle. Nella seconda, che tocca temi più vicini al femminismo afro-americano, la trentaduenne si riavvicina alle sonorità hip hop/R&B con cui si era fatta conoscere fin dalla sua prima collaborazione con gli Outkast.
Cover Maggio 2018: Leon Bridges
Quando vi abbiamo parlato di lui la prima volta, nell’autunno del 2014, eravamo rimasti affascinati da “Coming Home” suo primo singolo autoprodotto, presto diventato un piccolo classico tra spot pubblicitari e serie tv.
Nel frattempo il talentuoso soul-man texano che si guadagnava da vivere come lavapiatti in una nota catene di bistecche americane, ha guadagnato un disco d’oro, numerose apparizioni televisive, un contratto con la prestigiosa Columbia e l’apprezzamento di fan illustri come i coniugi Obama che l’hanno incluso nelle loro seguitissime playlist Spotify.
Dopo il celebratissimo album d’esordio del 2015, “Coming Home” caratterizzato da suggestioni d’annata e in bianco e nero (recensione), Leon Bridges ha deciso di dare una rinfrescata alla sua immagine retrò e agli arrangiamenti convocando in cabina di regia Ricky Reed (tra i credits di Cee Lo Green, Maroon 5, Kesha, Pitbull).
Così, in “Good Thing”, in uscita il 4 maggio sempre su Columbia, emergono spiragli di R&B contemporaneo (nel filo rosso che da D’Angelo arriva fino ad Anderson .Paak), folgorazioni tra funk e disco degli albori, ma non mancano quelle struggenti ballad black dell’erede naturale dei maestri Sam Cooke, Otis Redding e Marvin Gaye.
L’album è stato anticipato da tre brani molto diversi tra di loro: la soffusa gemma R&B “Bet Ain’t Worth The Hand”, la jazzata “Bad Bad News” e la più tradizionale “Beyond”.
Cover Giugno 2018: Oneohtrix Point Never
Inutile negare l’importanza di Daniel Lopatin che con otto album a nome Oneohtrix Point Never ha saputo dare come pochi altri omologhi un’identità credibile alla musica elettronica contemporanea, sempre con un piede, forse due nel futuro, dagli incubi lunari di “Replica” all’ineffabile “Gardens Of Delete” passando per le stranianti sperimentazioni sintetiche di “R Plus Seven”.
Il suo nono album, in uscita il 1° giugno, per Warp Records, sembra ancora una volta destrutturare la sua ricerca musicale, in quello che ha definito un “2001: Odissea nello Spazio” rovesciato che muove i suoi passi dalla fine dei tempi, in un un’epoca in cui l’intelligenza artificiale ha preso il sopravvento, ma preserva la stessa dimensione emotiva e gli stessi limiti dell’essere umano.
Per questo suo viaggio in un futuro remoto, Oneohtrix Point Never, presta la sua voce in alcune tracce, ospita James Blake (anche co-producer) e la vocalist/compositrice black Kelsey Lu alle tastiere, Eli Keszler alla batteria e accoglie altre voci illustri come quelle di Dominic Fernow aka Prurient aka Vatican Shadow e ANOHNI
Il risultato è un’opera in quarantadue minuti, imprevedibile e minimale, a suo modo spiazzante di cui forse coglieremo significato e importanza tra qualche mese.
Cover Luglio 2018: Lotic
Il primo LP di uno dei producer elettronici più iconici della scena queer contemporanea uscirà finalmente il 13 luglio. Si chiama “Power” e sarà distribuito ovviamente da Tri Angle, la label che ha contribuito ad amplificare la popolarità di Lotic.
J’Kerian Morgan, originario di Houston, Texas, e “fuggito” nel 2012 a Berlino in cerca di soddisfazioni artistiche, si era fatto notare con l’EP “Heterocetera” e i due mixtape “Agitations” e “Damsel In Distress”, sempre sospeso tra asperità ambient e atmosfere particolarmente oscure, tra suggestioni un po’ Arca (non a caso Björk si è accorta anche di Lotic) e le sonorità tipiche della capitale della techno.
Entrato nel giro e nelle grazie del collettivo Janus fondato nello stesso anno da Dan DeNorch e Michael Ladner, ne è diventato uno degli artisti più rappresentativi e conosciuti insieme a M.E.S.H. e Kablam, grazie alle sue performance radicali e ammalianti.
Il primo estratto da “Power”, “Hunted”, è anche il primo brano in cui Lotic canta.
Cover Agosto 2018: Sub Pop Records
Il 2018 è un anno particolare per la Sub Pop. Sono infatti 30 anni che è nata l’etichetta di Seattle, come vi abbiamo già anticipato a marzo, e questo mese di Agosto ci saranno i festeggiamenti ufficiali: sabato 11 agosto 2018 la Sub Pop si ritroverà a Alki Beach (West Seattle) per l’Anniversary Party.
Sarebbe più bello essere a Seattle, ma in mancanza anche qui a Kalporz festeggeremo, perché sappiamo quanto sia stata importante la Sub Pop per allargare i confini del rock indipendente e perché abbiamo pensato sarebbe stato interessante approfondire meglio quello che la Sub Pop ha fatto in questi 30 anni.
Tutto il mese di Agosto dunque su Kalporz pubblicheremo degli speciali dedicati, con approfondimenti su periodi specifici, (ri)pubblicazione di recensioni di album importanti e, speriamo, qualche contenuto direttamente proveniente dalla Sub Pop (che ce l’ha promesso).
Si dia fiato alle trombe, dunque… Tanti auguri Sub Pop!
Cover Settembre 2018: BROCKHAMPTON
Da quando sono rimbalzati ovunque sul web definendosi la nuova “boyband hip hop” americana, sono passati da più di due anni. Dopo il mixtape di debutto, “All-American Trash” questo collettivo multidisciplinare e multiculturale nato sul forum dei fan di Kanye West da un’idea del rapper texano Kevin Abstract, ha pubblicato una trilogia di album folgoranti per il 2017, “Saturation” (vol. I, II, III), regalando una serie di singoli e potenziali singoli davvero irripetibili, spesso accompagnati da video diretti dal visionario Abstract (vedi “Heat”, “Gold”, “Star”, ma anche “Gummy” e “Swamp”).
I quindici arrivano dalle parti più disparate degli States, dal Texas, nucleo originario del collettivo, alla Florida e si sono tutti trasferiti in California dalle parti di South Central, a Los Angeles che peraltro rappresenta l’ambientazione dei video
Provare a ricordare i nomi dei BROCKHAMPTON è un’impresa da storiografi. Al fianco di Kevin ci sono infatti Matt Champion (voci), Merlyn Wood (voci), Dom McLennon (voci, produzione), Joba (voci, produzione, mix, master), Bearface (voci, chitarra, produzione), Romil Hemnani (produzione, sound engineering) DJing (dj), il tandem Q3 formato da Jabari Manwa e Kiko Merley (produzione), Henock “HK” Sileshi (direzione creativa, grafica), Ashlan Grey (fotografia), Robert “Roberto” Ontenient (web design), Jon Nunes (management), Kevin Doan (VFX engineering).
In molti si sbilanciano nel definirli gli Odd Future del nuovo decennio, anche per il loro legame alla West Coast che li tiene ben distanti dal recente pensiero unico trap. A settembre uscirà “Iridescence”, il quarto attesissimo album in studio, registrato a Londra.
Cover Ottobre 2018: Puce Mary
Dopo cinque album su Posh Isolation, Puce Mary pubblica il suo album su PAN, la label berlinese del visionario Bill Kouligas che ha dato spazio ad alcune degli artisti più innovativi, e da noi più apprezzati, del panorama techno contemporaneo (Lee Gamble, Objekt, M.E.S.H., Helm, Errorsmith, Amnesia Scanner).
La ventinovenne artista noise/industrial danese Frederikke Hoffmeier aka Amphetamine Logic aka Puce Mary è cresciuta nella scena underground di Copenhagen che ruota attorno alla label fondata da Loke Rahbek e Christain Stadsgaard (il giro è quello di Iceage, Puce Mary, Croation Amor, Lower e Lust For Youth) e si è fatta conoscere in tutto il mondo grazie alle sue performance molto intense e a loro modo estreme.
Il nuovo album, in uscita il 5 ottobre, si intitola “The Drought” è ispirato all’immaginario letterario di Charles Baudelaire e Jean Genet e manifesta, nelle parole di Frederikke”, il costante conflitto dell’uomo verso la propria propria conservazione.
IL disco è stato anticipato da “Red Desert”, convulsa e tetra pièce industrial ispirata al capolavoro di Michelangelo Antonioni.
Cover Novembre 2018: Anderson .Paak
Anderson .Paak negli ultimi due anni è diventato uno degli artisti black trasversalmente più apprezzati della scena americana. Merito di “Malibu”, disco potente e accattivante che con una miscela impazzita di soul, R&B, funk e hip hop ha fatto conoscere al mondo il talento del vocalist e batterista californiano. Talento arrivato al successo tardi rispetto alla media dei suoi coetanei ha offerto la sua voce a Dr. Dre che l’ha voluto nella sua Aftermath Entertainment, al compianto MacMiller, a Kaytranada, e nel prossimo album “Oxnard” (dal nome della sua città dove è nato e cresciuto da padre afroamericano e madre coreana) ospita Kendrick Lamar, nel devastante singolo apripista già pubblicato, “Tints”, lo stesso Dr. Dre, Kadhja Bonet, Snoop Dogg, Pusha T, J. Cole, Q-Tip, BJ the Chicago Kid.
Cover Dicembre 2018: Kalporz Awards 2018
Partiamo dalle novità: jazz, avanguardia elettronica, nuove contaminazioni da aree geografiche un tempo periferiche, voci femminili che sfuggono alle barriere di genere. Non mancano due generi che hanno per certi aspetti definito l’anima “bipolare” di Kalporz negli ultimi anni: l’hip hop e l’indie. Dove il rap, nei dischi scelti tra i 20 più significativi del 2018, sembra farsi introspettivo e oscuro, le chitarre recuperano la rabbiosa espressività punk, forse in reazione a due dei momenti politicamente più difficili della recente storia statunitense e britannica.