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La storia di Angel Bat Dawid – compositrice, cantante e clarinettista di Chicago – è di quelle speciali : tra i sette e gli undici anni vive in Kenya a Machakos e la musica le entra sottopelle, *”[…] nel centro della città c’era una moschea, così sentivo le preghiere islamiche che venivano cantate ogni mattina e sera. E poi vivendo in una casa battista gospel, soul funk e rock attraversavano la casa perché mio padre è un grande appassionato di musica, ero molto legata alla mia eredità africana […]”. Ritornata negli Stati Uniti, prende lezioni di piano e clarinetto, suona nelle situazioni più disparate (bande, gruppi di fiati, ensemble jazz) e studia clarinetto al Moody Bible Institute ed educazione musicale alla Roosevelt University. Salvo poi dedicarsi totalmente alla musica suonata e scritta, mettendo corpo ed anima nella messa in scena di un’opera musicale cosmica e spirituale Song of Solomon , ispirata dal biblico Cantico dei Cantici, * “ho sempre il Cantico […], è la più bella dimostrazione d’amore. Questa è la prima parte della Bibbia dove ho trovato un’identità come black woman”, racconta l’artista.
Adesso – o meglio a Febbraio 2019 – la International Anthem , tra le etichette discografiche più interessanti in ambito jazz e d’avanguardia, pubblica (solo in cassetta) l’album di debutto della musicista americana, “The Oracle“ : una raccolta di tracce registrate (solo con un cellulare) in giro per il mondo – tra Chicago, Città del Capo, Londra ecc. – e poi suonate, sovraincise, mixate dalla stessa Angel Bat Dawid. I tre brani – quasi dei bozzetti – in anteprima su Bandcamp e Soundcloud tracciano vie cosmiche e trascendentali : la voce, un strumento reso quasi mistico (fatta eccezione per la strumentale “Impepho”), si innalza dal microcosmo intimista dell’approccio free delle registrazioni verso un universo spirituale, tra spigolature avant-jazz e vibrazioni psichedeliche.
Una musica quasi contemplativa, come spesso capita di sentire negli ultimi anni dalla scena jazz di Chicago.
*estratto da un’intervista al Voyage Chicago
*virgolettato da un articolo-intervista al Downbeat
(Monica Mazzoli)