• GORILLAZ, Plastic Beach (EMI / Parlophone, 2010)

    Tesi numero uno. Se i passati dischi dei Gorillaz (la più famosa band inesistente della storia del pop, è bene ricordarlo) potevano essere ad ogni buon conto tacciati di un certo svagato umore di divertissement smaliziato e furbastro, con “Plastic Beach” l’esploratore di mondi potenziali Damon Albarn, un po’ Marco Polo un po’ Jules Verne…

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  • SHEARWATER, The Golden Arcipelago (Matador, 2010)

    Dopo i buoni riscontri e la grande visibilità ottenuta con il precedente album “ornitologico”, “Rook”, i texani Shearwater portano a termine la trilogia naturalistica iniziata nel 2006 con “Palo Santo”, dedicando l’ultimo capitolo della vicenda al tema delle isole. Il periplo immaginario delle nuove canzoni riflette una viaggio reale, dai contorni vagamente darwiniani, che il…

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  • Leonard Cohen Book Party al Circolo degli Artisti (Roma) (17 febbraio 2010)

    State tranquilli, nonostante le sin troppo facili ironie, Leonard Cohen è vivo e vegeto e lotta insieme a noi sotto questo sole crudele che sembra talvolta schiacciarci sotto il suo peso insostenibile. Ma nulla vieta di tributare al sommo canadese, almeno una tantum (e in fondo non è mai troppo spesso), un omaggio sinceramente partecipato e affettuoso,…

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  • THE MAGNETIC FIELDS, Realism (Nonesuch Records, 2010)

    La moratoria ai synth imposta da Stephin Merrit ai suoi gloriosi Magnetic Fields continua e si conclude con il nuovo “Realism”, il gemello “falso” (e infatti proprio “False” doveva intitolarsi) del precedente “Distorsion” del 2008 (confrontate le rispettive copertine dei due album e fate caso al sottile cortocircuito semantico dei loro due titoli, laddove la…

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  • Intervista a Finn Andrews dei Veils

    Intercettiamo i Veils in un piovoso venerdì di Febbraio, nella breve pausa incastrata tra la fine del soundcheck propedeutico e l’inizio della loro esibizione prevista la sera stessa al Karemaski di Arezzo, giovane realtà cittadina dall’interessante programmazione musicale, in crescita costante. Raggiungiamo la band mentre sta prendendo possesso delle stanze in hotel e smaltisce i…

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  • OWEN PALLETT, Heartland (Domino, 2010)

    Apprezzatissimo arrangiatore e violinista, il canadese Owen Pallett (da Toronto), malgrado la giovane età può già vantare un curriculm chilometrico ed altisonante (per cui molti protagonisti del panorama indie contemporaneo darebbero volentieri un braccio), caratterizzato da collaborazioni illustri praticamente con chiunque possa venirvi in mente: dai Pet Shop Boys agli Arcade Fire, passando per Beirut…

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  • DID, Kumar Solarium (Foolica Records, 2009)

    Con imperdonabile ritardo prendiamo nota di uno dei migliori album non italiani realizzati da un gruppo italiano nel 2009 (insieme probabilmente al secondo lavoro dei Gazebo Penguins). I Did sono torinesi e il loro album d’esordio, registrato tra Bologna e Torino con l’aiuto di Bruno Germano, prosegue con stile e intelligenza sulla scia di proposte…

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  • BEAR IN HEAVEN, Beast Rest Forth Mouth (Hometapes, 2009)

    Arriva al suo secondo album questo interessantissimo quartetto newyorchese del quale, invero, assai poco si sa e altrettanto poco si riesce a sapere. Intriso di sibillini velvettismi e ardite costruzioni ritmiche improntate ad un tribalismo postmetropolitano inselvatichito e aizzante, “Beast Rest Forth Mouth” è un lavoro comunque notevolissimo, nel quale si intersecano direttive di ricerca…

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  • Intervista a The Antlers

    Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Peter Silberman, laconico leader dei newyorchesi Antlers, band che proprio nel 2009 ci ha regalato uno dei dischi più apprezzati da pubblico e addetti, “Hospice”, vero e proprio oggetto musicale non identificato a cavallo tra generi e sonorità tanto diversi quanto suggestivi, capace di calamitare su di sé un’attenzione talmente…

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  • VAMPIRE WEEKEND, Contra (XL, 2009)

    Diciamocelo subito in faccia per fare i simpatici: il primo disco dei Vampire Weekend (e il suo inarrestabile successo sorprendentemente trasversale) è o è stato, insieme all’elezione di Obama, uno degli argomenti più persuasivi a favore di una società luminosamente multiculturalista. Anche i quattro newyorchesi hanno infatti vinto la loro scommessa dell’ottimismo possibile con la…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010