• THE ANTLERS, Hospice (Frenchkiss, 2009)

    Ogni anno in media ne esce uno. I “dischi-caso”. Opere musicali, quasi sempre americane (e dintorni), che saltano fuori da un anonimo nulla e cambiano improvvisamente il senso complessivo di un’annata musicale che pareva ormai ben indirizzata verso il suo timido destino. Una volta era il caso di “Funeral” degli Arcade Fire, oppure di “I’m…

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  • Art Brut (+Kid Harpoon), Circolo degli Artisti (Roma) (9 dicembre 2009)

    Dopo anni di possibili incontri sempre puntualmente disattesi, riusciamo finalmente ad assistere al concerto di uno dei gruppi da noi più amati tra quelli sbocciati nel caos capovolto di questi anni doppio zero. Non figureranno forse mai nelle nostre classifiche di fine anno secolo millennio forse perchè figli di un piacere così inguaribilmente idiosincratico da…

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  • REAL ESTATE, Real Estate (Woodist, 2009)

    Per la sempre più accorta e tentacolare Woodist di Jemery Earl (che tanti protagonisti del recente rinascimento shitgaze americano ha tenuto a battesimo, si pensi ai vari Blank Dogs, Wavves, Vivian Girls, Sic Alps, Crystal Stilts, Ganglians e i Woods dello stesso Earl), giunge ora l’acclamato album di debutto di questa band del New Jersey…

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  • BAD LIEUTENANT, Never Cry Another Tear (Triple Echo, 2009)

    Mentre Herzog ha pensato bene di avventurarsi in un finto remake creativo del capolavoro mistico-similpornografico di Abel Ferrara, anche Bernard Sumner ha deciso di reinventarsi (ma senza esagerare) sotto la ragione sociale di “Cattivo Tenente”. Dopo la dipartita di Peter Hook dai New Order (in direzione del supergruppo Freebass che attendiamo curiosi), il chitarrista di…

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  • GIRLS, Album (PIAS, 2009)

    Eppure, nonostante tutto, esistono ancora gruppi come i Girls. Questa inedita band di San Francisco, guidata dall’accoppiata Christopher Owens/ Chet White, ci ha infatti regalato un disco che non dimenticheremo facilmente, una manufatto di rock perdente e gioiosamente lacrimevole, una piccola mandorla agrodolce di romanticismo ombelicale, disfattismo amoroso e disperata vitalità (in senso pasoliniano). Il…

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  • GAZEBO PENGUINS, The Name Is Not The Named (Suiteside, 2009)

    In “Come Fare Cose Con Le Parole” il filosofo americano John Austin, parlando dei nostri atti linguistici, aveva individuato due categorie fondamentali dei medesimi: gli atti o enunciati constatativi (che sono quelli attraverso i quali descriviamo uno stato di cose, che può sussistere oppure no, ad es.: “Piove”) e gli atti performativi (attraverso i quali…

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  • Intervista ai My Awesome Mixtape

    Intercettiamo i My Awesome Mixtape per un’intervista via mail nella seconda metà di settembre, mentre i nostri sono nel bel mezzo del loro tour europeo (sedici date in giro per Germania, Austria, Belgio, Repubblica Ceca), grazie al prodigioso intervento del nostro prode Gabriele Spadini (l’idea dell’intervista è sua!) che segue il gruppo immortalando momenti e…

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  • MY AWESOME MIXTAPE, How Could A Village Turn Into A Town (42 Records, 2009)

    Approdano al secondo album i bolognesi My Awesome Mixtape, dopo l’ep (in formato audiocassetta!) in tiratura limitata di quest’estate “Other Houses” (tre inediti e un paio di remix, tra cui l’irresistibile “Me And The Washing Machine”, inclusa anche nel disco nuovo). Registrato con l’aiuto di Bruno Germano dei Settlefish, e con una line up sensibilmente…

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  • THE DUCKWORTH LEWIS METHOD, The Duckworth Lewis Method (Divine Comedy, 2009)

    Neil Hannon si prende una salutare vacanza dal progetto per cui il suo nome risulta iscritto alle pagine tipograficamente più sontuose della storia del rock, vale a dire Divine Comedy, e realizza un disco-pesce d’aprile interamente dedicato alle delizie del cricket (!?), insieme all’amico Thomas Walsh, titolare del progetto Pugwash (del giro dell’ex XTC Andy…

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  • WILD BEASTS, Two Dancers (Domino, 2009)

    Come sin dall’inizio qualcuno ci ha insegnato (ma chi poi?), la differenza ancestrale tra rock americano e corrispondente rock inglese risiede essenzialmente nella problematica questione della verità o, rubando per pigrizia una scheggia terminologica alla filosofia heiddegeriana, di quella che potremmo definire la questione dell’”autenticità”. Mentre (quasi tutte) le band americane sembrano infatti e in…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010