• [#tbt] Di quando il pub-rock di Ian Dury infuocava le charts

    Storia di una hit epocale e del suo autore.

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  • AFRICA FOR AFRICA No. 2

    Arriva la seconda puntata dedicata all’approfondimento della musica proveniente dall’Africa.

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  • METAL URBAIN, Les hommes mortes sont dangeroux (France-Celluloid, 1978)

    È opinione generalmente diffusa identificare il punk degli esordi in due categorie geometricamente distinguibili: anglosassone e statunitense. Ma la verità è che in Europa alla fine degli anni ’70 non solo Londra bruciava. E se in Italia la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione scambiava la musica con la moda – fino al paradosso di…

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  • PERE UBU, The Modern Dance (Blank, 1978/DGC, 1998)

    Un fastidioso fischio industriale apre la “danza moderna” dei Pere Ubu, nome tratto dalla piéce teatrale di Alfred Jarry – autore surrealista – “Ubu Roi” e attitudine musicale che si sposa sia con gli sconvolgimenti musicali in corso (punk e new wave) sia con la tradizione dell’avanguardia sonora. Proprio il fischio già citato al quale…

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  • BOB DYLAN, Street legal (Columbia, 1978)

    “Impiegammo una settimana per realizzare Street Legal: lo mixammo quella seguente e quella dopo ancora lo fecimo uscire. Se non fossimo riusciti a farlo tanto in fretta, non sarebbe mai uscito, perché dovevamo assolutamente tornare on the road”. Questa affermazione di Dylan ci fa capire molte cose sull’album qui preso in questione. La band che…

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  • RADIO BIRDMAN, Radios Appear (Sire, 1978)

    I Radio Birdman del medico militare-chitarrista- compositore americano Deniz Tek e dell’”Aussie” purosangue Rob Younger furono, assieme ai Saints il più grande gruppo della scena rock australiana. La loro musica viene ancora in qualche modo inquadrata nel movimento punk, più per un fatto cronologico (il disco di cui si parla apparve nella versione australiana nel…

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  • JETHRO TULL, Live Bursting Out (Chrisalis, 1978)

    Un doppio album dal vivo per più versi fondamentale al fine di capire veramente la musica dei Tull, il suo stile e le ragioni del suo successo. Se da un lato questo live giunge stranamente tardivo, dall’altro si giova proprio del suo ritardo per offrire una interessante panoramica della lunga strada fin lì percorsa. In…

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  • JETHRO TULL, Heavy Horses (Chrisalis, 1978)

    Con Palmer ufficialmente sesto uomo, la band non accenna a rallentare la produzione: nel ’77 tocca a “Songs from the Wood”, nel ’78 è la volta di “Heavy Horses”. Ambedue i dischi si caratterizzano per un folk-rock di ispirazione agreste e pastorale, piuttosto personale, e certamente preferibile al fritto misto di “Too Old…”. Nulla di…

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  • KATE BUSH, The Kick Inside (EMI, 1978)

    La storia del rock è costellata di ragazze cattive che scappano di casa, riot grrrrls che tracannano birra peggio di ultrà, bitches isteriche che dicono un sacco di parolacce. Una categoria è poco rappresentata: quella delle Alici, non in scatola, ma quella delle ragazzine sempre vestite a festa, un po’ petulanti, che vogliono tutta l’attenzione…

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  • GENESIS, And Then There Were Three (Charisma, 1978)

    “…And Then There Were Three..” è forse il disco più indefinibile dei Genesis, certamente il pìù dimenticato. Giunse in un momento molto particolare, dopo l’abbandono di Steve Hackett e l’arrivo del punk, con il trio indeciso se svoltare sul pop o continuare su temi complessi. Il risultato è un lavoro ibrido, con molte melodie miste…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010