• INCUBUS, Fungus Amongus (Sony/Epic, 1995)

    Vera e propria band di culto, solo oggi gli Incubus cominciano a raccogliere i frutti di quasi dieci anni di carriera. E proprio grazie a questo consenso generale (e conseguente potere contrattuale) la band torna sugli scaffali dei negozi con questo “Fungus Amongus”, risalente al 1995; si tratta in realtà del primo lavoro discografico realizzato…

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  • PAOLO CONTE, Una faccia in prestito (CGD, 1995)

    Ci fa sudare, quest’uomo, nell’attesa di sue novità. Tre anni sono passati da “900” e quel capolavoro ha assoluto bisogno di un seguito. Come non detto, ecco qua “Una faccia in prestito”, un album che tiene col fiato sospeso dalla prima all’ultima nota, ennesima riprova delle immense capacità di un artista che non ha copie…

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  • TIMORIA, 2020 Speedball (Polydor, 1995)

    Coraggioso. Questa la prima sensazione al termine dell’ascolto; il precedente “Viaggio senza vento” era stato un successo, ma qui ne siamo lontani per scelte musicali e testuali, coraggio di essere artisti sempre in evoluzione quindi; coraggio anche nelle sonorità adottate, lontane da altre eminenze “rock” nostrane: Vasco, Liga, Litfiba. La band bresciana opta per suoni…

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  • PJ HARVEY, “To Bring You My Love” (Island, 1995)

    Una buia caverna di suoni che ti inghiotte e ti risputa fuori solo dopo l’ultima canzone.

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  • KING CRIMSON, B’ Boom (2CD Virgin, 1995, live)

    In assoluto è uno dei migliori dischi live che mi sia capitato di ascoltare. I meriti del doppio trio già ascoltati, ma in studio, in “Thrak”, sono qui ampliati, con esecuzioni più sciolte ed incisive. In più abbiamo diverse riprese dalla discografia passata, ed in particolare dalla pietra miliare “Discipline”. Vanno assolutamente ascoltate le evoluzioni…

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  • RADIOHEAD, “The Bends” (EMI, 1995)

    Se “Pablo Honey” è stato un esordio un po’ acerbo ed indeciso, pur contenendo una canzone (“Creep”) che da sola vale l’acquisto dell’album, “The Bends” segna decisamente la svolta artistica del gruppo ed in particolare del suo instabile leader, Thom Yorke. Preceduto da un grande singolo come “Just”, canzone irruenta e contemporaneamente evocativa che anticipa…

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  • SUPERGRASS, I Should Coco (EMI, 1995)

    L’album d’esordio dei Supergrass è fuori di dubbio una delle migliori opere prime degli anni ’90, gemma assoluta nel panorama del cosiddetto brit-pop. Spinti da una carica ed un furore incontenibili, i tre ragazzi terribili di Oxford spaziano mirabilmente fra le grandi tradizioni musicali della terra di Albione. Il punk, ad esempio, è adeguatamente santificato…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010