• U2, Pop (Island, 1997)

    “Il primo singolo “Discotèque” stupì un po’ tutti. Forse la band irlandese stava esagerando nella sperimentazione. Dopo il suono sporco e industriale di “Zooropa”, il progetto “Passengers”, ora anche la dance…dove andavano gli U2? Devo ammettere che man mano che la data di uscita dell’album si avvicinava ero sempre più diffidente. Comprai “Pop” appena arrivò…

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  • ELLIOTT SMITH, Figure 8 (Kill Rock Stars, 1997)

    La verità su Elliott Smith e sulla tragedia della sua morte è che noi non sappiamo nulla. Come ha scritto Philip Roth: “Perché le cose vanno come vanno? Cosa? Tutto ciò che sta sotto l’anarchia del corso degli avvenimenti, le incertezze, i contrattempi, il disaccordo, le traumatiche irregolarità che caratterizzano le vicende umane? Nessuno sa”.…

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  • WYCLEF JEAN (featuring Refugee Allstars), The Carnival (Columbia / Ruff House Records, 1997)

    Wyclef, anche se magari non lo sapete, lo conoscete di certo. E’ uno dei Fugees, quelli di “The Score”, l’album hip hop più venduto di sempre (Eminem permettendo). Ora che l’esperienza con Lauryn Hill e Pras è finita, restano i Refugee Allstars. Loro tre e qualcunaltro meno noto, a dedicarsi alla propria carriera solista. Diciamo…

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  • RADIOHEAD, “OK Computer” (EMI, 1997)

    Dopo tre lunghi anni di attesa dal celebrato “The Bends”, la band di Oxford si riaffaccia sul proscenio con un album mozzafiato e definitivo, straordinaria conferma della personalità genialoide del leader Yorke ed inquietante baluardo per le prossime future opere del gruppo, il quale è ormai proprietario di uno stile incomparabilmente unico e pericolosamente limitativo.…

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  • PAUL WELLER, Heavy Soul (Go! Discs / London, 1997)

    Album sporchissimo per un Weller sempre più arrabbiato, capace ancora di sfasciare camere di hotel come uno splendido angry boy. Già il titolo può aiutare in modo decisivo a capire l’evoluzione del Nostro… L’opera, ad un primo ascolto, appare quasi senza una produzione, tanto le chitarre sono volutamente fuori controllo, con un grande uso di…

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  • KEITH JARRETT, La Scala (ECM, 1997, live)

    E alla fine Jarrett si superò… Questo è senz’altro, a tutt’oggi, il suo più bel concerto solista. La struttura di base è simile a quella del Vienna concert, ma l’esibizione alla Scala di Milano è, se possibile, ancora superiore. E’ sempre la prima parte ad essere la più interessante: ora oscura, ora più solare, è…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010