• LONDON UNDERGROUND, Through A Glass Darkly (Musea Records, 2003)

    Band giovane, musicisti smaliziati. Ecco i London Underground, italiani con la passione per il prog. Daniele Caputo (batteria), Stefano Gabbani (basso), Gianni Vergelli (chitarre) e Gianluca Gerlini (tastiere), tutti con una bella esperienza alle spalle, sfornano il loro primo lavoro nel 2000 (“London Underground”). A distanza di tre anni raddoppiano con un disco che, fin…

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  • THE ALLMAN BROTHERS BAND, At Fillmore East (Deluxe Edition) (live, Mercury, 2003)

    Subito dopo la pubblicazione di “Idlewild South”, secondo album della band di Macon, Duane Allman aveva dichiarato di sentirsi frustrato per l’impossibilità, sua e degli altri, di esprimere in studio ciò che normalmente si riusciva a tirar fuori nelle performance dal vivo, già allora indiscusso punto di forza del gruppo, aggiungendo questa postilla: “Il nostro…

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  • THE ANGELS OF LIGHT, Everything Is Good Here Please Come Home (Young God Records, 2003)

    Michael Gira è l’angelo di luce che una volta, ancora di carne, appariva sotto le sembianze di un cigno. In ogni caso parliamo di una figura alata, capace di attraversare venti anni di musica senza mai farsi abbindolare da quel mostro ghignante chiamato comunemente commercio. “Everything is Good Here/Please Come Home”, sua ultima fatica, ne…

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  • THE RAPTURE, Echoes (DFA Records /Vertigo Records, 2003)

    “Echoes” è uno di quei dischi nati per dividere. Un capolavoro annunciato, come hanno annunciato le voci circolate prima della sua uscita, un album in grado di fondere, finalmente, tensione rock e ritmiche dance, un po’ come avevano fatto in un altro contesto i Primal Scream di “Screamedelica”. Dopo l’uscita “Echoes” ha ricevuto sì critiche…

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  • TINDERSTICKS, Waiting For The Moon (Beggars Banquet, 2003)

    Il problema con i Tindersticks è che sai già cosa aspettarti da un loro disco. Non che sia necessariamente un male, solo che talvolta nei loro ultimi lavori il mestiere sembra prevalere sull’ispirazione. Come per tanti altri artisti, uno su tutti Leonard Cohen, si ha l’impressione che il gruppo inglese riscriva le stesse canzoni ogni…

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  • THE RADIO DEPT., Pulling Our Weight (EP, Labrador, 2003)

    Mentre “Lesser Matters”, senz’ombra di dubbio tra i migliori album dello scorso anno, continua ad essere un miraggio per il popolo italico (uscirà solo il prossimo 2 Luglio) ecco venire alla luce questo EP. Cinque pezzi che tengono alta l’attenzione verso il gruppo svedese e che mantengono le promesse che ci erano state fatte solo…

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  • FRANK BLACK, Show Me Your Tears (Spin Art, 2003)

    Frank Black è, ovviamente, quel Black Francis leader dei Pixies che se ne va ad incidere in beata solitudine da più di dieci anni. Così come Black Francis era un omaggiante rimando a Iggy Pop, l’attuale pseudonimo potrebbe tranquillamente rifarsi al Frank Back vocalist degli anni ’20, e nessuno si stupirebbe. Il punk-pop psichedelico che…

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  • DAVID BOWIE, Reality (Sony, 2003)

    La grandezza di un autore come David Bowie è sempre stata associata alla sua notevole capacità di rigenerarsi, di ri-creare di continuo la sua immagine senza mai dare l’impressione di essersi perso. Uomo di teatro prima ancora che musicista, probabilmente, capace di (ri)mettersi in scena con cadenze regolari, in un gioco di immedesimazione nei personaggi…

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  • SURGERY, Coma Catalogue (Surgery Records, 2003)

    Tre voci, una chitarra, un basso, tastiere campionate, una drum machine: basta questo per comporre un album all’alba del terzo millennio. O quantomeno basta ai Surgery, band romana che esordisce nel 2003 con un album fieramente autoprodotto: una voce effettata che elenca a raffica nomi e ideologie in uno spaccato della vita moderna, della società…

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  • SIX-FING THING, Self-Portrait As A Venerable Shrub (Dogfingers Recordings, 2003)

    Installazione musicale. Questa potrebbe essere una prima definizione dell’album dell’artista visuale e polistumentista texano James Cobb, celato dietro un misterioso alter-ego dal nome decisamente alieno, una sfuggente “Entità a sei dita”. Ma, forse, più suggestivamente, si potrebbe parlare di una reinterpretazione di suoni e stili del XX secolo operata da extraterrestri. Osando infine un po’…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010