• BRON Y AUR, Vol 4 (EP, Wallace / Bar la Muerte / Burp / Dizlexiqa, 2005)

    Avreste mai pensato in vita vostra di pronunciare la fatidica frase “metti su l’ultimo dei Bron Y Aur che ci scateniamo”? No? Ebbene preparatevi a stravolgere le vostre abitudini più trite, perché l’ascolto dell’EP partorito per la sempre fedele Wallace di Mirko Spino – stavolta in buona compagnia di Bar la Muerte, Burp e Dizlexiqa…

    Read More

  • SILVER JEWS, Tanglewood Numbers (Drag City / Wide, 2005)

    Spesso si parla a sproposito di depressione. Una parola che implica uno stato d’animo con cui converrebbe andarci piano. Da vocabolario: “Stato psicotico o nevrotico caratterizzato da malinconia, senso di vuoto, caduta di ogni interesse vitale” (Disc, 1997 Giunti). Appurato che spesso chi si forgia di tale sintomo spesso è semplicemente in una fase di…

    Read More

  • AA.VV., 1980 Forward: 4AD Celebrating 25 Years (4AD / Self, 2005)

    Quando mi hanno consegnato questo CD per scriverne una recensione, ho sbavato come un neonato davanti alla sua prima pappa. Metafora poco edificante? Mmmh… può essere. Ma quale appassionato di musica mentalmente sano potrebbe rimanere indifferente davanti a una tracklist del genere? E quale altra etichetta potrebbe pubblicare un’autocelebrazione che comprenda Pixies, Cocteau Twins, Dead…

    Read More

  • SON VOLT, Okemah and the Melody of Riot (Universal, 2005)

    C’era una volta una storia chiamata Uncle Tupelo. Country punk incazzato suonato da ragazzini alcolizzati con la passione per l’hardcore e per Gram Parsons. Dopo una manciata di dischi che marcano a ferro e fuoco gli anni ’90 americani di appassionati e non (per chi non li conosce, “No Depression” è il disco da avere),…

    Read More

  • LITTLE BARRIE, We Are Little Barrie (Artemis, 2005)

    Ah, l’Inghilterra: terra di croci e delizie cui saremo sempre debitori per alcuni dei migliori gruppi pop di tutti i tempi. Ah, l’Inghilterra: protagonista di quest’ultima ondata di guitar band che riscoprono i Gang Of Four e li copiano alla grande cercando di stupire chi con cosa diversa chi con un’altra. Ah, l’Inghilterra: terra capace…

    Read More

  • GAL COSTA, Hoje (Trama / Audioglobe, 2005)

    Ascoltando il nuovo album di Gal Costa, la voce più bella della MPB (musica popular brasileira) assieme alla compianta Elis Regina, mi è spesso capitato di pensare alla nostra Antonella Ruggiero. Ricordate? Era il 1997, e la Ruggiero decise di reincidere i classici dei Matia Bazar assieme alle nuove leve della scena indie-rock italiana: vi…

    Read More

  • PICASTRO, Metal Cares (Monotreme / Goodfellas, 2005)

    Secondo disco per i canadesi Picastro, band retta dalla voce fragile ed emotiva di Liz Hysen e dedita ad un indie-rock dai vasti confini, capace di contaminarsi ora con il folk, ora con il sad-core, ora con certo post-rock di scuola Constellation. “Metal Cares” affina le tensioni create da quel “Red Your Blues” che, qualche…

    Read More

  • VASHTI BUNYAN, Lookaftering (Fat Cat / Wide, 2005)

    Fino a oggi, fino al momento dell’uscita di questo “Lookaftering”, l’unico viaggio musicale compiuto da Vashti Bunyan era ancorato al 1969, periodo di illusioni e sogni, di ipotesi di vita nomade agli angoli più sperduti della società occidentale; “Just Another Diamond Day” racchiudeva tutto ciò che ho elencato in un piccolo meraviglioso scrigno, reso nobile…

    Read More

  • AUSTIN LACE, Easy To Cook (Homesleep / Audioglobe, 2005)

    Il bello dei festival europei è la possibilità di conoscere gruppetti sconosciuti per poi bullarsi con gli amici del campetto quando questi arrivano in Italia scovati dalla solita etichetta di grido. Tra i soliti ignoti del Benicàssim 2005, gli Austin Lace erano quelli che più mi avevano impressionato. Un indie-pop primaverile che spruzzava felicità e…

    Read More

  • BOB MOULD, Body Of Song (Cooking Vinyl / Edel, 2005)

    Certo che non dev’essere facile essere Bob Mould. Immaginate uno che ogni giorno si sveglia e ripensa al fatto che vent’anni fa scriveva capitoli di storia con gli Hüsker Dü. “These Important Years” è un’eredità con cui è meglio non scherzare. Per certi versi però, è comunque apprezzabile il tentativo del Nostro di rimettersi in…

    Read More

Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010