• THE DECEMBERISTS, The Crane Wife (Capitol, 2006)

    Dopo tre LP e due EP per la Kill Rock Stars la band di Portland approda ad una major, ma per fortuna non vende l’anima. “The Crane Wife” è un album di amore, morte, guerra, sul quale aleggia, come una tenue traccia concept, la romantica e tragica vicenda della “sposa-gru”, oggetto di una fiaba di…

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  • MARCO PARENTE, Neve Ridens un giorno + Il rumore dei libri (2 DVD, Mescal / EMI, 2006)

    Manco fosse una piccola Björk, con la sua particolare bulimia da pubblicazione, negli ultimi due anni Marco Parente ha testimoniato in molti modi il grosso salto fatto fare alla sua arte: due dischi gemelli, uno spettacolo basato su un immenso archivio di reading di scrittori dimenticati e, infine, un doppio DVD a testimoniare un periodo…

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  • SONIC YOUTH, The Destroyed Room: B-Sides And Rarities (Geffen, 2006)

    Quale commiato più degno dello stile-Sonic Youth si poteva mai avere con la Geffen, l’etichetta che ha portato alla ribalta, ormai vent’anni orson, una delle rare band gloriosamente coerenti e anti-commerciali degli ultimi tempi? Niente greatest hits. Niente remix. Niente album dal vivo. Strumenti (ed espedienti) sempre ripudiati dallo storico collettivo newyorkese. Si sceglie quindi…

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  • PAUL WESTERBERG, Open Season (Original Sountrack) (Lost Highway, 2006)

    “Open Season” altro non è che “Boog e Elliott a caccia di amici”, l’ennesimo film d’animazione digitale con animali come protagonisti. Dopo leoni, pinguini, pesci di tutti i tipi, giraffe e ogni altra specie che popola il globo, non se ne può più di prodotti schifosamente uguali che avevano giusto qualcosa (poco) di buono quando…

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  • AA.VV., Destroy Minimal (Resist / Audioglobe, 2006)

    La londinese Resist (già React) si distingue ormai da alcuni anni per la qualità e la ricercatezza delle proprie compilation. Attiva sul fronte della drum’n’bass e della breakbeat (Fabio, Grooverider, Andy C / Drum&bassarena), sviluppa parallelamente progetti techno-house sempre di ispirazione prettamente underground. La serie “A Bugged Out” ne è un eccellente esempio, per la…

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  • PERE UBU, Why I Hate Women (Smog Veil, 2006)

    Solitamente quando si scrive una recensione è un’operazione di comodo quella di celebrare l’illustre passato di band decennali per riempire inutili righe di presentazione. Nel caso dei Pere Ubu, quest’operazione ci sta tutta. Perché, a differenza di molte altre band coeve che alla fine dei Settanta cambiarono volto al rock, la multiforme creatura plasmata a…

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  • THE FRATELLIS, Costello Music (Universal, 2006)

    La grande pianta della musica indie-rock britannica sembra destinata a non invecchiare mai e non abbiamo nemmeno il tempo di riprenderci dalla terribile sbronza Artic Monkeys che subito spunta a Glasgow senza alcun preavviso o valida ragione un nuovo frutto acerbo chiamato Fratellis. Aria trasandata e caracollante, un piglio divertito e cazzeggiatore alla Ramones e…

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  • CLINIC, Visitations (Domino / Self, 2006)

    I Clinic ci hanno fregato un’altra volta. Hanno fatto un altro album con una sola canzone, la stessa, ripetuta all’infinito, come l’altra volta, appunto. Però tutte le volte che fanno partire il loro sbiascicante cantato, il loro tribalismo anarchico, la loro messa laica, è il solito botto che si ripete, come quel botto (vero) alla…

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  • SIMON JOYNER & THE FALLEN MEN, Skeleton Blues (Jagjaguwar / Wide, 2006)

    Che il destino del 2006 musicale sia quello di essere ricordato come l’anno di Simon Joyner? Prima la sempre più meritevole Jagjaguwar licenzia l’ottima compilation “Beautiful Losers”, dove uno accanto all’altro è possibile ascoltare alcuni dei migliori istanti della carriera di questo cantautore del Nebraska, quindi il nostro torna alla carica e accompagnato da uno…

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  • YOU SHOULD PLAY IN A BAND, You Should Play In A Band (Black Candy / Audioglobe, 2006)

    Staccare la spina è sempre una buona regola di vita. Più che mai per un gruppo bisognoso di rinnovarsi, come la Juniper Band dopo il burrascoso divorzio dall’etichetta Suitesuide. Nati quasi per caso da un concerto acustico del gruppo madre, gli You Should Play In A Band suonano come un devoto e personale omaggio all’America…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010