[ di Piero Merola ] Terzo album e terzo capolavoro per la techno eterea e ambientale del producer svedese Alex Willner.
[ di Francesco Melis ] “Konkylie”, secondo disco dei danesi When Saints Go Machine, si presenta come un disco raffinato ma privo di sostanza. Un po’ poco per il gruppo, che si limita a svolgere il “compitino”.
[ di Francesco Melis ] Gli Is Tropical nel loro primo disco non sembrano aver trovato ancora la loro vera dimensione. Per il momento ci godiamo la loro freschezza di idee anche se a tratti caotica.
[ di David Capone ] A cinque anni dal fortunato debutto di “Gulag Orkestar” i Beirut confermano serenamente la loro idea di sound in un panorama oramai in preda al caos riguardo a generi e modi di coniugarli.
[ di Stefano Solaro ] Tra il puzzo degli angusti scantinati in cui sono stati costretti a suonare all’insaputa delle autorità, vede la luce il rovente magma sonoro dell’electro-rock alieno, caustico e febbrile, del duo di Montreal.
[ di Nicola Guerra ] Oggi la lancetta dei Thee Oh Sees si sposta dal garage verso un pop colorato e caramellato, zuppo degli incubi (o sogni, dipende dai casi) che John Dwyer faceva da bambino.
[ di Daniele Boselli ] Per i CSS del 2011 la formula magica di cinque anni fa sembra ben lontana dall’essere ritrovata.
[ di Francesco Giordani ] John Maus ha la voce di un amletico zombie che si regge la testa tra le mani come una lanterna e si fa strada nella foresta del dubbio, guidato da sintetizzatori balbettanti e non troppo lontani dal neo-kitsch hypnagogico.
[ di Piero Merola ] Un’esaltante accozzaglia di Can, psichedelia sixties, funky primordiale all’insegna della bassa fedeltà più tossica. Nell’esordio degli UMO, la risposta statunitense a the Go! Team e non solo.
[ di Nicola Guerra ] Se l’esordio omonimo dei “fratelli” Davila 666 era una selvaggia avventura in territori garage senza pedigree, oggi il gruppo portoricano sembra deciso a seguire le orme dei più rinomati Black Lips.