[ di Matteo Maioli ] La prima uscita sulla lunga distanza dei Ninos du Brasil regala otto tracce folli, spesso inafferrabili: denominatore comune la batucada, stilema musicale che unisce la samba carioca di un folle Carnevale a Rio con la tradizione dell’Africa.
[ di Piero Merola ] Doveroso rendere omaggio a uno dei produttori più significativi degli ultimi tempi. Presentato in tre date negli Usa il live degli Ultraista offre un viaggio che non delude le attese, e aiuta a guardare da un’altra prospettiva gli ultimi lavori dei Radiohead.
[ di Enrico Stradi ] Questa è una recensione contorta, forse troppo. Ma tant’è. Inizia con “Firenze grande città di musica e vino” e prosegue raccontando del nuovo disco dei Rio Mezzanino come se fosse un Chianti. Continuate a leggere, fidatevi.
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[ di Monica Mazzoli ] Il gusto per il vintage resta immutato, persiste l’audacia di combinare elettronica e psichedelica, sensibilità pop e cacofonie lisergiche.
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[ di Nicola Guerra ] Con il cuore in questi fatidici ’80, le melodie ancorate nei sixties e le sonorità a metà strada tra psichedelia e armonia, Tim Cohen & Co. hanno centrato il disco della vita? Forse.
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[ di Monica Mazzoli ] Scarsa originalità non è sinonimo di banalità: i Graveyard, a differenza di tante band hard-rock statunitensi, non ripropongono passivamente gli stilemi del genere, se ne impossessano maleficamente e ci riportano indietro ai bei tempi andati.
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[ di Stefano Solaro ] Dopo l’addio di Brent Knopf, che ha lasciato la band per dedicarsi alla sua carriera solista, i Menomena si rifanno vivi con un concept album intenso ed emozionante.
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[ di Nicola Guerra ] A distanza di due anni ecco uscire nei negozi il terzo lavoro del gruppo inglese che purtroppo non regge il confronto con i primi due dischi.
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[ di Stefania Italiano ] A più di un anno dall’uscita inglese esce anche in Italia il secondo album dei Rue Royale, impegnati in una lunga tournée europea per promuovere il loro folk pop di cui non si può parlar male, ma parlar poco sì.
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[ di Stefano Solaro ] Con “Swing Lo Magellan” i Dirty Projectors mettono la loro strabordante vena compositiva al servizio della forma canzone più tradizionale, dando alle stampe il loro album più accessibile. E probabilmente il migliore.
