• AND YOU WILL KNOW US BY THE TRAIL OF DEAD, Worlds Apart (Interscope, 2005)

    Il barocco intarsio della battagliera copertina potrebbe far pensare al peggio, visto che certi espedienti epici a metà tra i libri del Medioevo e le carte da gioco di Magic L’Adunanza sono stati pesantemente utilizzati da certo metal oltranzista (versante epico o qualunque altro aggettivo indichi grandezza)… o al limite a Rufus Wainwright. Certo la…

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  • THE HIVES, Tyrannosaurus Hives (Interscope, 2004)

    Ascolto il disco degli Hives e dico: “mmm, non male… che faccio Luca, ne parlo?” e lui: “Ma certo! Parlane!”… ecco, mai che mi dica di stare tranquillo e prendermi una vacanza… eppure lo sa che sono iperpropositivo… vabbè. Ok, avevamo lasciato gli Hives (Svedesi da Fagersta) con una manciate di buone canzoni, un tour…

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  • QUEENS OF THE STONE AGE, Songs For The Deaf (Interscope/Universal, 2002)

    A detta di maggior parte delle riviste specializzate, questo “Songs for the deaf” è uno dei migliori dischi del 2002: premetto da subito di non essere d’accordo, ma aggiungo anche che è solamente una questione di preferenze personali… Sicuramente queste canzoni manderanno (o, più probabilmente, hanno già mandato, data il ritardo con cui arriva questa…

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  • PRIMUS, Sailing The Seas Of Cheese (Interscope, 1991)

    Che i Primus siano il gruppo più assurdo in circolazione dalla morte del genio di Frank Zappa, non c’è dubbio alcuno. Capaci di mescolare nel loro calderone musicale lo stesso Zappa, i Red Hot Chili Peppers, i Pere Ubu e i Devo, Les Claypool (voce, basso e clarinetto), Larry Lalonde (Chitarra e banjo) e Tim…

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  • BILAL, 1st Born Second (Interscope, 2001)

    Nell’abbuffata di R&B di questi anni si sono distinte due personalità. Una, India.Arie, è spiccata in modo netto. Nota, stimata, si è anche assicurata una cert’aria di rispetto. Non ha fatto niente di che. Le è bastato inventarsi la pseudo rivoluzione di sbarazzarsi dell’elettronica per il suono acustico. “New acoustic movement” vi dice niente? E’…

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  • LIMP BIZKIT, Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water (Interscope, 2000)

    Non proprio un brutto album, si ascolta bene poi. Non brutto, ma insomma deludente, proprio deludente. “Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water”, stiam parlando di lui, ha smarrito due strade in un colpo solo. Ha smarrito la via dell’hip hop, che in “Significant Other” m’era sembrata la più promettente. E ha smarrita quella…

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  • LIMP BIZKIT, Significant Other (Interscope, 1999)

    I Limp Bizkit quelli di “Mission Impossible 2”. Se possedete una radio l’avrete sentita, “Take a Look Around”, avrete sentito il misto di chitarre distorte e urli e rap. Il rap-rock, e anzi il rap-hard rock ha camminato fianco fianco all’hip hop tradizionale fin dall’inizio. E nei Limp Bizkit c’è più rap o c’è più…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010