• BLACK JOE LEWIS & THE HONEYBEARS, “Scandalous” (Lost Highway Records, 2011)

    [ di Nicola Guerra ] Giunti al secondo disco, questi musicisti americani capitanati dal texano “Black” Joe Lewis riescono nell’ardua impresa di coniugare musica nera, blues e r’n’r.

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  • JOHNNY CASH, American VI: Ain’t No Grave (Lost Highway, 2010)

    La fine che si avvicina l’Uomo in Nero incontra la Nera Signora il cerchio che si chiude il rintocco delle campane cieli plumbei squarciati da lampi di luce bassi profondi perché profonda si scava la fossa. L’attesa di una nuova rinascita. There Ain’t No Grave Can Hold My Body Down. Ecco allora che per l’ultimo…

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  • HAYES CARLL, Trouble In Mind (Lost Highway, 2008)

    Ora non vorrei perdermi in discorsi da vecchio trombone, ma c’è questo rischio. Insomma, il rock è una questione strana. O ce l’hai, o non ce l’hai. Fai presto a comprarti una Fender Telecaster, ascoltare due dischi di Springsteen e buttare già dodici battute dove parli di Mary Jean, delle autostrade dell’Arizona e suonare con…

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  • GOLDEN SMOG, Another Fine Day (Lost Highway, 2006)

    Golden Smog è un’esperienza collettiva di alcune tra le più geniali menti musicali della generazione che ha vissuto in diretta il power-pop dei Big Star, il Pasley Underground e il nascere della scena indie-ma-indie-veramente. Jeff Tweedy, Linda Pitmon (batterista di Steve Wynn), Dan Murphy dei Soul Asylum, Gary Louris, Marc Perlman, Kraig Johnson (tutti ex…

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  • RYAN ADAMS, 29 (Lost Highway / Universal, 2006)

    Certamente non mi stupisco. Ryan Adams è sempre stato uno che pubblicava dischi con il metodo Catena di Montaggio. Quello che piuttosto può stupire è la qualità media delle sue opere. Nonostante le questioni di gusto, il ragazzo di Jacksonville è certamente uno dei nuovi pesi massimi, per lo meno nell’ambito del rock americano tradizionale…

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  • RYAN ADAMS AND THE CARDINALS, Cold Roses (2CD, Lost Highway, 2005)

    Il punto è questo: “Cold Roses” è un disco tradizionale (fine della recensione per i lettori di Buscadero che si saranno già fiondati al più vicino spacciatore di cd). Dopo il mezzo passo falso di “Rock’n’roll”, Ryan Adams tira fuori un lavoro ispiratissimo e vicino alla sensibilità classica che è sempre stata suo bagaglio –…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010