• BEACH BOYS, Pet Sounds (Capitol, 1966)

    Sì, va bene, tutti sappiamo le gesta del buon Brian Wilson il “pazzo”, le sue cadute rinascite (ri)cadute nella droga, la sua paranoia, il suo senso di inferiorità nei confronti dei contemporanei baronetti Lennon/McCartney, il suo esilio, la sua aura mitica inattaccabile. Ma perché un album come “Pet Sounds” continua a dover essere obbligatoriamente citato…

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  • BROKEN SOCIAL SCENE, You Forgot It In People (Arts & Crafts, 2003)

    Sapete come succede con certi dischi. Li cercate invano per mesi fino a che vi sembrano fantasmi. Ne leggete un mucchio di elogi e di critiche entusiastiche e più cresce la curiosità più il disco sembra irraggiungibile. E così quando, magari per caso, riuscite a scovare quell’album cercato così a lungo, lo accostate con timore,…

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  • THE WHO, The Who Sell Out (Track, 1967)

    Riuscire a scegliere, nella straordinaria discografia degli Who, l’album più significativo o quantomeno quello in cui si può identificare il volto della band è faccenda tutt’altro che semplice. C’è ovviamente lo storico esordio “The Who Sings My Generation” nel quale l’irruenza mod esplode come un germe distruttore, c’è l’epica operistica di “Tommy”, la perfezione live…

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  • FRANZ FERDINAND, Franz Ferdinand (Domino, 2004)

    L’album d’esordio degli scozzesi Franz Ferdinand rappresenta indubbiamente la grande sorpresa del 2004, sorpresa peraltro annunciata già alla fine dell’anno precedente dall’uscita del folgorante singolo d’esordio “Take me out”, il quale ha scatenato la famelica stampa inglese nell’ormai stanco rituale della caccia al gruppo che si sobbarchi il fardello della pesante eredità dei soliti Beatles,…

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  • THE FALL, The Real New Fall LP (Narnack Records, 2004)

    Raramente un lavoro musicale ha dovuto subire le pene distributive che hanno accompagnato l’ultima fatica dei Fall: come prima cosa l’oramai celebre ritardo nell’uscita del materiale, voluto da Mark E. Smith stesso in seguito all’indebita apparizione online dei brani dell’album prima della pubblicazione ufficiale. Il leader della band, indispettito, è ritornato in studio a remixare…

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  • DEVENDRA BANHART, Rejoicing In The Hands (Young God Records, 2004)

    Da ateo non mi capita praticamente mai di soffermarmi a pensare alla vita ultraterrena, al Paradiso, alla conformazione delle ali degli angeli. Eppure se dovessi, costretto con le spalle al muro, concentrarmi su una visione celeste penso che identificherei senza problemi il canto dei cherubini nelle note di “Rejoicing in the Hands”, seconda fatica sulla…

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  • PEDRO THE LION, Achilles Heel (Jade Tree, 2004)

    David Bazan torna sulle scene, dopo aver sorpreso tutti grazie allo splendido “It’s Hard to Find a Friend”, essersi confermato con “Winners Never Quit” e aver iniziato a mostrare maledettamente la corda nel pur buono “Control”. Ennesimo One Man Band a cavallo tra due millenni – come Pajo/Papa M, Merritt/Magnetic Fields, Elvrum/Micophones, Oldham/Palace -, Bazan…

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  • IRON & WINE, Our Endless Numbered Days (Sub Pop, 2004)

    Sam Beam, l’uomo dietro Iron and Wine, potrebbe davvero diventare il vostro autore di canzoni preferito, se gliene darete l’occasione. Il tutto semplicemente perché questo suo secondo lavoro, intitolato “Our Endless Numbered Days”, fatto di ballate quiete e profonde che pescano dal folk e dai classici, è un disco di cui si sentiva la mancanza.…

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  • KINGS OF CONVENIENCE, Riot On An Empty Street (Source, 2004)

    Dopo tre anni sono ritornate le magie dalla Norvegia. I due ragazzi di Bergen sembrano sempre gli stessi, il buffo Erland Oye con i suoi capelli rossi disordinati e quegli enormi occhiali ed Erik Glambek Boe con un’espressione di imperscrutabile saggezza stampata in faccia. A dispetto del tempo passato e delle escursioni elettroniche di Erland…

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  • GALAXIE 500, On Fire (Rykodisc, 1989)

    I tanto demonizzati anni ’80 nascondono, sotto una coperta intrisa di omologazione, qualunquismo e arte dell’eccesso una serie di perle spesso misconosciute alla grande massa, in particolar modo italiana. Se è vero che non si commette sacrilegio a identificare lo spettro sonoro della decade nel techno-pop nel quale furono maestri i Soft Cell di Marc…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010