• THE JAMES TAYLOR QUARTET, Do Your Own Thing (Polydor, 1990)

    Con questo album, l’ex membro dei fantastici Prisoners mette la firma su una delle più riuscite realizzazioni nel campo Acid-Jazz ed inaugura una personale splendida triade che si sviluppa nel live dell’anno successivo e si chiude con l’eccelso “Supernatural Feeling”, datato 1993. Rispetto ai lavori precedenti i pezzi strumentali calano decisamente di numero, favorendo l’estrinsecarsi…

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  • SYD BARRETT, Barrett (Emi Harvest, 1970)

    Secondo e purtroppo ultimo capitolo della discografia del Grande Cappellaio Matto della musica inglese. La produzione è affidata al vecchio amico e sostituto nei Pink Floyd, David Gilmour. Sulla falsariga del precedente e soffertissimo “The Madcap Laughs”, “Barrett” è un collage assolutamente strambo di canzoni capricciose ed originali, in bilico perenne tra folk e psichedelia.…

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  • WORKING WEEK, Working Nights (Virgin, 1985)

    “Working Nights” è, diciamolo subito, un album eccezionale. La tentazione di limitare la critica a questa frase lapidaria è assai forte; d’altra parte, cosa ci sarà mai da “criticare” in un disco del genere?!… Sappiate comunque che all’interno della classica e bellissima copertina troverete una miscela esplosiva di soul e jazz, con spruzzatine tempestive di…

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  • PIXIES, Doolittle (4AD, 1989)

    A un solo anno di distanza dallo straordinario “Surfer Rosa” i Pixies si ripresentano sulla ribalta internazionale, e lo fanno con album forse addirittura superiore al precedente. L’idea di base è sempre la stessa: mescolare in un cocktail dinamitardo la rabbia incontrollabile del punk e la dolcezza delle ballate pop. E farlo con estrema ironia.…

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  • EELS, Souljacker (Dreamworks/Polydor, 2001)

    Contaminazioni, ritagli, campionamenti, citazioni, clonazioni. Forse questo è l’unico modo per definire con precisione il genere musicale di gruppi come gli eels. Se da una parte questo può risultare spiazzante per le orecchie benpensanti, dall’altra può essere stimolante per quanti hanno voglia di stupirsi ed hanno fame di musica nuova ed interessante. Gli eels ci…

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  • THE HIGH LLAMAS, Gideon Gaye (Alpaca, 1994)

    Eccellente artigiano pop fin dai tempi del binomio con Cathal Coughlan nei dimenticati Microdisney, Sean O’Hagan continua imperterrito lungo la strada sdrucciolata e faticosa di una carriera solista impegnata a ricercare magie, magari all’interno di un semplice MI-RE-LA. Acclamato dalla stampa inglese come uno degli album dell’anno, “Gideon Gaye” passa decisamente la prova del recensore…

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  • THE STROKES, “Is This It” (RCA, 2001)

    Un disco come lo si attendeva da troppo tempo.

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  • MERCURY REV, All Is Dream (V2, 2001)

    Sono serviti tre anni ai Mercury Rev per scrivere il seguito del disco che all’improvviso ha portato la loro musica in un altro luogo. Come per un romanziere che d’incanto riesca a trovare la propria voce, così i Mercury Rev hanno scovato il senso di tutto in fondo a “Deserter’s Songs” e a quelle atmosfere…

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  • THE CURE, Boys Don’t Cry (Fiction Records, 1979)

    La fine degli anni ’70 segna la nascita di numerosi sottogeneri del rock: il punk, il dark, il metal, il noise. Quanto possano avere valore questi aggettivi è materiale da discussione, certo è che molti gruppi nati in quel periodo sono stati costretti, volenti o nolenti, ad essere etichettati. Così è anche per i primi…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010