• MOTORPSYCO, Heavy Metal Fruit (Stickman, 2010)

    “…se preferite continuare ad ascoltare i vostri gruppi di indie-poser in carriera, con i loro amplificatorini minuscoli, beh, fatti vostri, non ci importa: we’re gonna do it big!”. E l’hanno fatta “grossa” sul serio, i Motorpsycho, con vent’anni di carriera sul groppone e uno stacanovismo da novellini. Oddio, forse non più “tanto grossa” di quanto…

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  • MOTORPSYCHO, Little Lucid Moments (Stickman, 2008)

    Chiamatelo Ep, se vi pare: la produzione degli scandinavi ne è strapiena e di certo loro non si risentiranno. Ma si consideri che, a dispetto dei suoi soli quattro brani, “Little Lucid Moments” conta un ammontare di sessanta minuti buoni, molto più di quanto possano vantare certi full lenght da dieci anche dodici pezzi cadauno.…

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  • MOTORPSYCHO, Black Hole / Blank Canvas (2CD, Stickman, 2006)

    Un anno fa, all’età di 36 anni, Gebhardt, batterista dei Motorpsycho decise di lasciare la batteria e di intraprendere una carriera solista, girando la Scandinavia con il suo Banjo. Di conseguenza Bent, coetaneo bassista dell’ex-trio norvegese, per rimpiazzarlo decise di suonare egli stesso la batteria nel nuovo disco. Questo riassunto della puntata precedente dovrebbe darvi…

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  • MOTORPSYCHO, It’s A Love Cult (Stickman Records/Self, 2002)

    Difficile porsi davanti all’ultimo lavoro dei Motorpsycho e rendersi conto di doverlo criticare. Eppure anche i lavori sporchi vanno eseguiti, e dunque…procedo. “It’s a Love Cult” è un album estremamente deludente, su questo ci sono pochi dubbi. Deludente per i contenuti, non certo per la forma, che è come al solito avvolgente, calda e profonda.…

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  • MOTORPSYCHO, Phanerothyme (Stickman Records, 2001)

    Gli avi vichinghi dei Motorpsycho sono diventati famosi per essere stati dei grandi viaggiatori e degli altrettanto grandi e temuti saccheggiatori. Pare proprio che i nostri contemporanei ragazzi di Trondheim (Norvegia) abbiano mutuato tali caratteristiche, adattandole ovviamente ad un mondo più civilizzato (almeno in apparenza). Viaggiatori dunque, perché sempre in tour, ovunque. E col tempo,…

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  • MOTORPSYCHO, Barracuda (Stickman, 2001)

    Questa poi? Certo che la band norvegese ci tiene alla propria immagine, e continua a sfornare lavori su lavori. E così dopo il secondo volume dei “Roadworks”, ecco un allettante mini-album (sette canzoni per 33 minuti di musica), che contiene pezzi non nuovissimi, risalenti a un paio di anni fa, ma comunque inediti. Un album…

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  • MOTORPSYCHO, Roadworks vol.2 The Motorsource Massacre (Stickman, 2001)

    Premetto: se acquistando il secondo puntuale volume della serie dei live della band norvegese vi aspettate di trovarvi di fronte ad un tipico prodotto indie-rock (quale era il precedente episodio “Roadworks 1” uscito qualche anno fa), resterete spiazzati e dopo il primo ascolto penserete di aver gettato quaranta carte. Ma se il consumatore di musica,…

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010